In tre anni prezzo del grano calato del 44%
Le stime di Cia Agricoltori
sabato 27 settembre 2025
10.29
Da settembre 2022 ad oggi, il prezzo del grano duro riconosciuto ai cerealicoltori lucani è crollato del 44%, passando da 490 euro a 277 euro alla tonnellata, cifra – quest'ultima - relativa alle ultime quotazioni stabilite in queste settimane alle Borse Merci di Foggia e di Bari. Mentre il corrispettivo riconosciuto ai produttori è in continua discesa, i costi di produzione per seminare, coltivare e raccogliere grano duro sono aumentati in modo rilevante, fino a superare i 1.200 euro per ettaro. A denunciarlo è la Cia-Agricoltori Potenza-Matera ricordando che le Borse Merci di Foggia e di Bari sono quelle di riferimento per i cerealicoltori lucani. In tutto il 2022, l'Italia importa oltre 2,2 milioni di tonnellate di grano duro; nel primo semestre 2025, il nostro paese ha già importato 1,47 milioni di tonnellate con un incremento del 9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
"Ad oggi, sia a livello europeo che nazionale, non ci sono ancora regole e politiche che tutelino veramente la giusta redditività del grano italiano in modo proporzionale al suo reale valore, ai costi di produzione crescenti e alla sue eccellenti proprietà nutraceutiche", spiega Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale per Cia-Agricoltori Italiani. "Unione Europea e Governo Italiano devono fare di più. Ed è quanto la nostra organizzazione sta chiedendo con forza dal 2023, con una diffusa campagna nazionale in favore del grano duro e della pasta 100% di grano italiano che ha raccolto quasi 100mila firme, l'adesione di numerosi comuni del Sud, e con la mobilitazione di migliaia di agricoltori in grandi manifestazioni di piazza che si sono tenute a Foggia, Bari e Roma. La battaglia su Granaio Italia è stata condotta con grande determinazione, ora occorre continuare a lottare anche per ottenere dalle istituzioni politiche concrete utili a favorire l'aggregazione della domanda, la sinergia tra produttori, gli investimenti nella logistica e nelle strutture di conservazione e stoccaggio del grano, aiuti e sgravi su macchinari e investimenti per la ricerca che aumentino ulteriormente la qualità. Per aumentare il potere contrattuale dei produttori, oggi schiacciati nel tritacarne degli interessi prevalenti di molini e pastifici, serve imporre la reciprocità delle regole tra paesi Ue e nazioni extraeuropee, poiché in queste ultime è possibile produrre utilizzando prodotti chimici che in Italia e in tutta Europa sono vietati", aggiunge Sicolo.
"Gli agricoltori hanno bisogno di garanzie, soprattutto in questo momento, e la proposta della Commissione per la Pac post 2027, con l'accorpamento in un Fondo unico e il taglio del 22% delle risorse, segna un passo indietro inaccettabile. Per questo siamo pronti a riscendere in piazza". Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, sottolineando come "non siano affatto rassicuranti, anzi lascino ancora più preoccupazioni, le parole pronunciate ieri dalla direttrice generale della DG Agri della Commissione europea, Elisabeth Werner".
Per Fini "la futura Pac non può subire ulteriori tagli né frammentarsi in 27 piani nazionali, che minerebbero la competitività e la coesione del settore a livello Ue". Ecco perché "siamo determinati a tornare in piazza a Bruxelles con tutti gli agricoltori europei -ribadisce il presidente di Cia-. Solo così potremo far comprendere che difendere la Pac significa garantire sicurezza alimentare, tutelare l'ambiente e le aree interne, sostenere il valore economico e sociale dei territori: un patrimonio che non può essere cancellato con un colpo di spugna".
"Ad oggi, sia a livello europeo che nazionale, non ci sono ancora regole e politiche che tutelino veramente la giusta redditività del grano italiano in modo proporzionale al suo reale valore, ai costi di produzione crescenti e alla sue eccellenti proprietà nutraceutiche", spiega Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale per Cia-Agricoltori Italiani. "Unione Europea e Governo Italiano devono fare di più. Ed è quanto la nostra organizzazione sta chiedendo con forza dal 2023, con una diffusa campagna nazionale in favore del grano duro e della pasta 100% di grano italiano che ha raccolto quasi 100mila firme, l'adesione di numerosi comuni del Sud, e con la mobilitazione di migliaia di agricoltori in grandi manifestazioni di piazza che si sono tenute a Foggia, Bari e Roma. La battaglia su Granaio Italia è stata condotta con grande determinazione, ora occorre continuare a lottare anche per ottenere dalle istituzioni politiche concrete utili a favorire l'aggregazione della domanda, la sinergia tra produttori, gli investimenti nella logistica e nelle strutture di conservazione e stoccaggio del grano, aiuti e sgravi su macchinari e investimenti per la ricerca che aumentino ulteriormente la qualità. Per aumentare il potere contrattuale dei produttori, oggi schiacciati nel tritacarne degli interessi prevalenti di molini e pastifici, serve imporre la reciprocità delle regole tra paesi Ue e nazioni extraeuropee, poiché in queste ultime è possibile produrre utilizzando prodotti chimici che in Italia e in tutta Europa sono vietati", aggiunge Sicolo.
"Gli agricoltori hanno bisogno di garanzie, soprattutto in questo momento, e la proposta della Commissione per la Pac post 2027, con l'accorpamento in un Fondo unico e il taglio del 22% delle risorse, segna un passo indietro inaccettabile. Per questo siamo pronti a riscendere in piazza". Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, sottolineando come "non siano affatto rassicuranti, anzi lascino ancora più preoccupazioni, le parole pronunciate ieri dalla direttrice generale della DG Agri della Commissione europea, Elisabeth Werner".
Per Fini "la futura Pac non può subire ulteriori tagli né frammentarsi in 27 piani nazionali, che minerebbero la competitività e la coesione del settore a livello Ue". Ecco perché "siamo determinati a tornare in piazza a Bruxelles con tutti gli agricoltori europei -ribadisce il presidente di Cia-. Solo così potremo far comprendere che difendere la Pac significa garantire sicurezza alimentare, tutelare l'ambiente e le aree interne, sostenere il valore economico e sociale dei territori: un patrimonio che non può essere cancellato con un colpo di spugna".