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Depuratori sequestrati in Basilicata: cosa è stato fatto per superare la procedura di infrazione dell'UE?

Interrogazione firmata dai consiglieri regionali Perrino e Leggieri

Quanto emerge dall'indagine della Procura di Potenza che ha portato al sequestro di 52 depuratori, ripropone un tema che rischiava di restare relegato ai rapporti annuali che Goletta Verde produce sull'inquinamento delle acque dei nostri mari.
Appare preoccupante la fuga dalle responsabilità che sembra celarsi nelle dichiarazioni diffuse ieri da Acquedotto Lucano, affermazioni che non aiutano a far chiarezza sulla reale situazione degli impianti di depurazione della nostra regione.

Occorre ricordare che l'Italia è oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea a causa della mancata attuazione della direttiva 1991/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane. Tra gli impianti di depurazione (agglomerati) che la Commissione aveva messo sotto accusa, ve ne erano 41 ricadenti nel territorio della nostra Regione. A seguito di una nostra interrogazione presentata a fine 2014, il dipartimento competente, tramite l'allora assessore Berlinguer, illustrò la situazione degli impianti di depurazione, evidenziando che erano 'solo' 27 quelli che non soddisfacevano i requisiti previsti dalla direttiva europea. Per i 27 agglomerati veniva elencata una serie di interventi che si basavano sulla delibera CIPE 60/2012 e sulla programmazione dei Fondi Europei 2014/2020.

Stando a quanto diffuso dalla Procura di Potenza, dei 52 impianti sequestrati, 8 sono presenti nell'elenco consegnatoci dagli uffici regionali e quindi sottoposti a procedura di infrazione.
Urge un immediato chiarimento da parte della Regione e di Acquedotto Lucano per capire cosa è stato fatto per superare le evidenze mosse dalla Commissione Europea e per questo abbiamo presentato un'interrogazione in merito.

Intanto la Commissione Europea l'8 dicembre scorso ha fatto sapere di aver inoltrato un altro ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, chiedendo l'applicazione all'Italia di una multa milionaria per non essersi adeguata integralmente alla sentenza del 2012 della stessa Corte sulla raccolta e il trattamento delle acque reflue; secondo notizie di stampa, si tratterebbe di "una sanzione forfettaria di 62,69 milioni di euro", a cui "va aggiunta una multa di circa 347mila euro per ogni giorno" di ritardo che l'Italia dovesse accumulare a partire dalla data di emissione di futura sentenza di condanna da parte della Corte.
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