Maxi sequestro di beni ad un imprenditore altamurano

Attività della Guardia di finanza a Matera e Altamura

giovedì 11 febbraio 2021 10.18
La Guardia di Finanza di Matera, su delega del Tribunale di Potenza – Sezione Misure di Prevenzione, questa mattina è impegnata, nel territorio delle città di Matera ed Altamura, nell'esecuzione del decreto di sequestro e confisca di 6 aziende e dei connessi 12 punti vendita, 21 immobili e 9 tra auto e moto di grossa cilindrata, per un valore stimato complessivo di oltre 10 milioni di euro.

Il provvedimento viene eseguito nei confronti di un imprenditore operante in entrambe le città, più volte segnalato all'autorità giudiziaria per reati fiscali, ambientali e fallimentari, il cui patrimonio è risultato essere notevolmente sproporzionato rispetto alle fonti reddituali ufficialmente dichiarate al fisco.

Quanto ai punti vendita interessati dal provvedimento, sono esercizi commerciali del settore abbigliamento e intimo.

AGGIORNAMENTO
E' stata ribattezzata ''Il re Mida dei rifiuti'' l'indagine coordinata dalla Procura di Matera, che ha agito d'intesa con quella di Potenza, e condotta dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Matera, che ha portato a un sequestro di beni a Matera e Altamura per un valore di circa dieci milioni di euro. Il sequestro riguarda un noto imprenditore di Altamura nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, Michele Columella.

Le sue condizioni patrimoniali sono risultate notevolmente sproporzionate rispetto alle fonti reddituali ufficialmente dichiarate al Fisco. Secondo gli inquirenti, per evitare potenziali controlli e mantenere la propria ricchezza, l'imprenditore nel tempo ha trasferito il proprio patrimonio personale a beneficio dei familiari e della ex moglie ma, secondo gli inquirenti, era sempre il ''l'effettivo 'dominus' di tutto''. In particolare, oltre a vendere a prezzi del tutto incongrui la totalità delle quote sociali della società cassaforte di famiglia ad alcuni familiari per la modica cifra di 151.000 euro rispetto al patrimonio netto della stessa società ammontante ad oltre 3.600.000 euro, l'imprenditore confezionava una ardita procedura divorzile riconoscendo al coniuge separato da 17 anni la rilevante cifra di 5 milioni di euro a titolo di assegno di mantenimento, arretrati e assegno divorzile ancor prima della presentazione del ricorso congiunto per il divorzio avvenuto l'anno successivo.

Tale somma, secondo la ricostruzione dei finanzieri, è stata riversata dall'ex coniuge nello stesso anno nella società di cui aveva acquistato le quote a valore irrisorio (acquisto delle quote avvenuto due mesi prima dell'accredito dei 5 milioni).